GDPR, le prime sanzioni

GDPR, le prime sanzioni

12 giugno 2018

Tim è stata condannata al pagamento di 960mila euro (a titolo di sanzioni amministrative) a seguito dell’entrata in vigore del GDPR da parte del Garante privacy.

Primo reclamo da parte di un utente che, senza esserne a conoscenza, è risultato intestatario di 826 linee di telefonia fissa e moroso. Lo stesso è venuto a conoscenza del fatto solo a seguito del ricevimento di solleciti di recupero crediti per mancati pagamenti di bollette telefoniche. L’autorità a seguito dell’accertamento del fatto ha emanato la prima sanzione dei confronti della società per un importo parti a 800mila euro. Anche numerosi altri utenti sono stati coinvolti in simili casi caratterizzati dall’erronea intestazione di linee.

Il Garante privacy ha di conseguenza ritenuta illegittima la condotta tenuta dalla società, in violazione della normativa sul trattamento dei dati personali. Situazione aggravata dal fatto che nonostante gli innumerevoli solleciti alla società, la stessa non aveva provveduto ad effettuare le opportune verifiche per ottemperare alle richieste della clientela.

Tim è stata anche sanzionata per un importo parti a 160mila euro per il malfunzionamento del sistema di autenticazione avvenuto nel 2013, (errato abbinamento dell'utenza ai dati corrispondenti). Si tratta di un caso di data breach, nel caso specifico, visualizzazione di dati da parte di non soggetti non legittimati ad accedervi, dati riservati quali numero di telefono, cifre finali della carta di credito ecc.) 

Ma il caso della Tim non è isolato. Anche la società Fastweb è stata sanzionata per aver violato il divieto di profilazione senza il consenso del cliente.

Fastweb deve provvedere a fermare il telemarketing selvaggio, in particolare verso gli utenti che non hanno prestato il consenso opponendosi al trattamento dei propri dati ai fini di attività di marketing.

Punto di partenza sono state le segnalazioni di utenti che si lamentavano delle continue e persistenti chiamate di proposte di offerte commerciali.

È stata accertata la presenza di irregolarità legate al mancato consenso degli utenti per l’utilizzo dei loro dati di fini di attività di marketing, con una soglia di oltre 8 milioni di chiamate a 2,7 milioni di utenti non inseriti nelle liste e non contattabili.

Inoltre, sul sito della società, tramite la procedura di call me back l'utente richiedeva di essere contattato dalla società. Ciò avveniva cliccando su un pulsante con il quale lo stesso acconsentiva automaticamente all'utilizzo dei propri dati per finalità di marketing e di profilazione.

In tal modo l’azienda violava il principio della libera scelta dell’utente, in materia di trattamento e utilizzo dei dati personali

Il Garante della privacy è intervenuto stabilendo il divieto per la società di trattare dati per finalità di marketing in assenza del consenso dell’utente e di profilarlo in assenza del suo consenso circa l’attività di profilazione stessa.



Tratti da: www.garanteprivacy.it